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Venite in disparte e riposatevi un po’

Venite in disparte e riposatevi un po
Don Agostino Gasperoni
Pieve di Carpegna - 10/17 Agosto 2003
Settimana di ritiro per famiglie 2003
Venite in disparte e riposatevi un po
Don Agostino Gasperoni
Pieve di Carpegna - 10/17 Agosto 2003
Materiale
 
  1. Famiglia, immagine della Trinità pdf (138 kb)


Sintesi delle riflessioni sul tema
Famiglia, immagine della Trinità
Quando si è riuniti intorno al Signore si diventa Chiesa, per questo la nostra famiglia può rivelarsi un luogo di riconoscimento e accoglienza del Signore, un
luogo in cui l’uno per l’altro siamo la manifestazione visibile della presenza di Gesù risorto. La famiglia diventa infatti Chiesa domestica quando i rapporti che in essa si realizzano sono manifestazione visibile dell’amore di Dio, dell’amore trinitario. L’immagine più adatta per parlare ai bambini della Trinità è proprio quella della famiglia. Tutto ciò è nelle nostre mani, ma come dice San Paolo “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta” (II Cor 4, 7): la fatica nel realizzare questo progetto è infatti nostra esperienza quotidiana.
La stessa comunità dei popoli è pensata per diventare una famiglia di famiglie e solo così può trovare la propria piena realizzazione. Anche per questo è drammatica l’operazione di demolizione della famiglia in atto nella
civiltà occidentale.
Come attualizzazione di questo discorso, in coppia cerchiamo di mettere a fuoco in quali circostanze abbiamo incarnato l’uno per l’altra la tenerezza di Dio. Chiediamoci con quali gesti possiamo realizzare questo obiettivo ogni giorno.
Regole di vita per la famiglia
Ogni comunità ha bisogno di una regola di vita, di una serie di scelte concordate che diano concretezza alla vocazione di quella comunità, nel caso della famiglia alla sua vocazione a diventare Chiesa domestica, come aiuto per custodire cioè la sua vocazione all’amore. Non avere delle regole significa non avere strumenti per opporsi alla cultura dominante e alla nostra connaturata pigrizia. Le regole di vita di una famiglia vanno concordate insieme dalla coppia. Vediamo ora alcune indicazioni pratiche su questo argomento:

1. Regola del sedersi: 
la coppia ha bisogno periodicamente di fermarsi a parlare per mantenere fresca la propria relazione che vive di comunicazione e soffoca senza di essa. Bisogna quindi opporsi alla “regola della corsa” che rischia di prendere il sopravvento nello stile di vita della nostra società. È importante fissare un appuntamento stabile per sedersi a parlare, entro un arco di tempo minimale sotto il quale non si scenda mai (è bene non far mai passare più di un mese!). Questo momento di dialogo deve essere occasione di un bilancio sulla nostra relazione rispetto alla vocazione a cui siamo chiamati.
2. Condivisione delle decisioni:
tutto ciò che si fa in una famiglia va deciso insieme. Mancare a questa regola rappresenta il primo gradino dell’infedeltà coniugale. Così, se si è stabilito qualcosa insieme, chi non rispetta il patto manca alla fedeltà, dunque deve darsi una sanzione. È importante però che nel decidere insieme, non ci sia mai l’imposizione all’altro dei propri puntigli perché diventino scelte condivise.
3. Fissare delle regole anche con i figli:
quando i figli sono più grandi, le regole vanno fissate anche insieme a loro. Non ci devono essere prevaricazioni, ma le regole devono avere valore per tutti i membri della famiglia, devono essere unitive e insegnare che “insieme è bello”. L’eccezione alla regola ci può essere quando la motivazione è macroscopica e ha almeno uguale valore rispetto alla regola. L’autorità nella famiglia è la coppia e deve far valere le regole concordate. In particolare, il rappresentante della regola
della giustizia è l’uomo, la donna deve far valere invece la regola più grande dell’amore, della tenerezza e del perdono. Ma il perdono si dà a chi è pentito e il pentimento si dimostra con il rispetto della sanzione.
4. Celebrare le ricorrenze di famiglia:
in particolare è importante fare memoria e dedicare un tempo particolare all’anniversario di matrimonio o di quando ci si è messi insieme, ai compleanni e agli onomastici, alla data di battesimo dei figli. Queste celebrazioni devono essere significative e lasciare una traccia nella vita di famiglia. Festeggiare il compleanno, ad esempio, significa celebrare che la nascita di quella persona è stata un dono per me; la ricorrenza del battesimo dei figli deve ricordare ai genitori il loro incarico di trasmettere la fede.
5. La famiglia non può chiudersi in se stessa:
essa deve cercare delle ancore di salvezza esterne, ad esempio altre famiglie con cui condividere il cammino, o la comunità cristiana. Tra i punti di riferimento esterni è necessario anche un riferimento educativo che sia un padre spirituale. Il versante complementare della vocazione trinitaria realizzata dalla famiglia è
quello della vocazione consacrata. Le due vocazioni sono strettamente legate: le famiglie devono insegnare alla persona consacrata che la nostra vocazione non è
alla solitudine, ma alla vita di famiglia; d’altra parte la persona consacrata ci ricorda che il nostro amore non è orientato solo in senso orizzontale, ma anche e soprattutto alla relazione con Dio.
6. L’angolo della preghiera:
la casa deve avere un luogo per la preghiera e la coppia dovrebbe decidere con quali segni realizzarlo. In posizione centrale vi andrebbe posta la Bibbia
aperta e un’icona della Santa Famiglia.
7. La preghiera di coppia e familiare:
si può iniziare in modo semplice, prendendosi per mano e stando vicini, tenendo in mano la fede nuziale, seguendo una traccia comune, per passare poi ad una preghiera fatta con le proprie parole e che si ispiri alla propria vita di coppia e di famiglia, o, meglio ancora, partendo da pagine bibliche adatte alla famiglia. Anche il momento dell’intimità sessuale può essere aperto alla preghiera. Essa può essere di ringraziamento, di perdono, di intercessione. Secondo Gesù la miglior preghiera per sé è quella di affidamento. Con i bambini si può pregare prima di dormire, prima dei pasti, nei momenti forti dell’anno liturgico, in occasione delle ricorrenze familiari. I figli più piccoli hanno bisogno di immagini per pregare (ad esempio l’immagine di un bambino inginocchiato a pregare). Attenzione a non credere di insegnare a pregare recitando le preghiere: bisogna insegnare a pregare come comunicazione con il Signore che ci ama. Se poi si recitano delle preghiere, è importante spiegare ai bambini il significato delle parole che si pronunciano.
8. Santificare le feste:
non basta andare a messa, bisogna saperne dare la motivazione, inoltre la famiglia va a messa insieme. Sarebbe un bel segno se la coppia andasse a fare la comunione dandosi la mano. All’offertorio le coppie potrebbero portare all’altare i loro anelli e i bambini in braccio.
9. Ci si confessa periodicamente:
è importante per procedere a tappe collegate. Sarebbe bene confessarsi almeno ogni due mesi. Per gli sposi l’ideale sarebbe la confessione di coppia.
10. Che non tramonti il sole sulla vostra ira:
il litigio è ammesso, ma entro la fine della giornata bisogna rappacificarsi.
11. Quello che possediamo non è nostro:
non ne possiamo usare solo per noi. Il nostro bilancio deve prevedere un aiuto a chi sta peggio di noi. Secondo il Vangelo la regola è fare a metà (Lc 19, 8) e nella famiglia andrebbe applicata alle uscite, perché affidarsi alla Provvidenza non significa essere imprudenti, bisogna disporre infatti di qualche risorsa per i momenti critici.

Il rapporto con le famiglie d’origine
Su questo argomento ricordiamo dalla Bibbia due citazioni fondamentali:
1. Onora tuo padre e tua madre (Es 20, 12)
2. L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno uno (Gn 2, 24).
Consideriamo i verbi centrali nelle due citazioni:
• Onorare: significa anche mantenere, dare il sostentamento, poiché l’anziano, nelle società patriarcali, era a carico del clan.
• Lasciare: non significa abbandonare alla propria sorte, ma seguire la propria vocazione nuziale. Gli affetti nei confronti della propria famiglia d’origine non possono diventare una rete in cui viene imprigionata la propria vocazione.
Allora onorare significa essere riconoscenti, cioè capire ciò che si è ricevuto e provare a restituirlo almeno in parte. Non si potrà mai fare pari, perché i genitori hanno cominciato ad amare prima che i figli esistessero e che potessero ricambiare. Bisogna stare attenti a non insegnare ai figli che tutto è loro dovuto. La gratitudine, spesso dimenticata, è il primo livello di onestà, perché non è onesto prendere per dovuto ciò che ti è regalato. La gratuità, dunque, ha come altro lato della medaglia la gratitudine. Onora i genitori non significa quindi obbedisci ai genitori : quando il figlio è cresciuto e ha bisogno di seguire la propria vocazione, deve staccarsi dai genitori e conquistarsi l’autonomia. L’adolescenza è proprio il momento in cui inizia una vera e propria guerra di indipendenza dei figli nei confronti dei genitori: gli adolescenti lottano per conquistarsi uno spazio proprio, entrano in conflitto con la famiglia per diventare autonomi come persone. Senza questa guerra non avviene la conquista dell’indipendenza, attraverso la quale si diventa se stessi. I figli adolescenti hanno bisogno di distinzioni, di sì e di no e devono pagare la loro indipendenza, altrimenti saranno dei prepotenti. Devono imparare invece a fare i conti con l’altro. Una componente essenziale dell’educazione resta un sano comportamentismo, basato sul meccanismo del riflesso condizionato: se da una parte si incontra un ostacolo si passa da un’altra. L’indice della conquistata maturità di un figlio è che si sappia governare secondo le regole del gioco. Il miglior modo per avere un buon rapporto e un ritorno con i figli è quello di lasciarli andare. Le persone si uniscono a sé nella libertà. Anche il rapporto di coppia non è possibile se non tra due persone indipendenti. Lo si è imparato dal parto che la nascita campo2003_foto.asppresuppone una separazione, il taglio del cordone ombelicale; così avviene per lo svezzamento, per la prima uscita da casa, ecc. Queste separazioni sono faticose, perché noi confondiamo il rapporto genitoriale con il possesso, ma ogni crescita ha bisogno di un distacco. Ciò non significa che perdiamo l’altro, ma lo acquistiamo come persona. Il problema è che abbiamo paura di perdere noi stessi, il nostro possesso sull’altro. I figli sono un grande dono di Dio proprio perché ci costringono ad uscire da noi stessi, ci danno continuamente lezioni di altruismo.
Laura Bartolomei

Pubblicato su "Il Montefeltro" Settembre 2003

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