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Lettera al direttore del Montefeltro

dal "MONTEFELTRO" n° 5 - Maggio 2012 

Caro Direttore,

sollecitato da tanti amici che hanno voluto bene a don Agostino Gasperoni, le invio questa nota personale per ricordare e onorare questo bravo sacerdote. L’ho conosciuto 50 anni fa in seminario, era mio prefetto, da quel momento le nostre vite si sono prima toccate e poi intrecciate fino alla sua morte. Un dono,
l’amicizia con Agostino, per il quale non finirò mai di ringraziare il Signore.

Ricordo, io poco più che ventenne e lui parroco a Casteldelci, le frequenti riunioni
del “gruppo giovani” in cui ci sollecitava, con forza, a non vivere la vita preoccupandoci solo di cose che non hanno importanza, a non “sciupare” questa unica vita che abbiamo, perché è un dono che Dio ci ha fatto e in tutti i modi cercava di farci intuire che è bello e importante seguire Cristo e vivere il cristianesimo
in maniera autentica e profonda.
Ricordo la serietà, che richiedeva indiscutibilmente anche a noi, del “corso” di teologia che per ben cinque anni ci ha impegnato ad approfondire e a studiare
le Sacre Scritture perché “anche un laico deve rendere ragione della propria fede”. Come ci si apriva il cuore a sentire le sue spiegazioni e la sua attualizzazione della Parola! E che dire delle lunghe, ma proficue, revisioni di vita dove cercavamo di mettere in comune il bello e il brutto delle nostre vite per volerci più
bene ed accettarci e stimolarci a vicenda per i nostri tanti difetti ed errori commessi. Che gioia quegli abbracci fraterni, pacificatori e liberatori. E le discussioni profonde, fino al mal di testa, sul rapporto fra la scienza (una mia fissa) e la fede (la sua fissa). Poi la malattia, terribile, lunga, inesorabile. Ricordo con emo-
zione l’ultima Eucaristia “domestica” di Agostino con il gruppo di amici che gli sono stati accanto negli ultimi 30 anni. Lui già sofferente, molto sofferente, noi
tutti afflitti e quasi increduli di poterlo perdere. In quell’indimenticabile S. Messa dove anche il tempo si era fermato, dove la presenza viva e concreta del Signore era palpabile, uno di noi con le lacrime agli occhi ha pregato perché Agostino guarisse. Con le poche forze rimaste ma con grande determinazione e lucidità ci ha risposto, nell’omelia, con questo ultimo insegnamento, che io considero un po’ il suo testamento spirituale, e che cerco di riassumere con le sue parole così: “… ho paura ad andare incontro a questo traguardo, provo momenti di angoscia e l’ansia di far conoscere l’amore di Gesù al mondo, specie alle famiglie e ai giovani, in questa società sempre più postcristiana dove il Signore è sconosciuto e abbandonato dalle masse. Sento anche la responsabilità che io ho avuto nell’avervi fatto conoscere Gesù. Ho cercato di trasmettervi, così come dovrebbero fare i genitori con i figli, non solo valori o una morale ma il senso della vita: la scoperta di Gesù Signore che è l’unico senso della vita, è l’orizzonte sovrumano, l’attesa di infinito del cuore umano. La relazione con Gesù è fondamentale; la vita è uno spazio più o meno lungo che ci è dato per conoscerlo ed amarlo. Lasciatevi prendere totalmente in questa relazione, scommessa, avventura con il Signore”. E, con molta severità e afflizione, ha continuato rivolto a tutti noi: “Abbiamo preso troppo alla leggera il nostro impegno con il Signore e ne siamo anche poco dispiaciuti; rinviamo la confessione, rinviamo il tempo per stare con Lui, abbiamo un andazzo leggero, negligente. Quando si ama, scattano dei sensi di colpa per ciò che non si è fatto per l’amato/a; hai mai sentito dei sensi di colpa per Gesù? Ricorda le lacrime amare di Pietro quando lo ha tradito: noi abbiamo mai pianto? Il peccato più grande è non aver amato Gesù come si meritava, il peccato come debito d’amore. E questo succede perché noi uomini siamo oggetto di un odio sovrumano; io vi ho parlato poco di Satana ma egli è più potente della nostra buona volontà. È urgente e prioritario, allora, attaccarci a Gesù e avere un rapporto forte, profondo con Lui, come la vite con i tralci. Noi siamo contesi fra l’ amore di Dio e l’odio dell’avversario: solo la risorsa Gesù è all’altezza (Efesini 6). Come in una grande cordata, siamo responsabili gli uni degli altri e il cristianesimo è una relazione d’amore con il Signore e noi dobbiamo essere il seme gettato nel mondo capace di amare come Gesù e con Gesù. C’è una preghiera particolare che può aiutarci in questo: la contemplazione del Crocifisso. Gesù attiraci a te attraverso la contemplazione della tua morte”. Questa è l’ultima preghiera che d.Agostino ci ha invitato a fare, ma non ha avuto il tempo di spiegarcene bene il senso. Adesso ci sentiamo un po’ orfani, ma lui ci ha insegnato a fidarci e affidarci sempre, comunque e nonostante tutto al Signore, e così faremo.
Quando ci rincontreremo, oltre al tuo poderoso abbraccio, vogliamo risentire la tua sonora risata vicini a Gesù, che ci hai fatto amare, e così anche Lui sorriderà con noi e di noi.

Renzo Baldoni

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